Mario Pezzi, fondatore della Fattoria Paradiso di Bertinoro (Forlì-Cesena), uno dei massimi artefici del risveglio enologico dell’Emilia Romagna dagli anni Sessanta ad oggi.
I suoi vini sono “pezzi di Romagna nel mondo”, com’era solito definirli lui steso. A cominciare dal Barbarossa, “scoperto” da Mario nel 1954 in una vecchia vigna di oltre 100 anni non più produttiva e destinata alla ruspa. Il Sangiovese Vigna delle Lepri, la prima Riserva di Sangiovese da lui ideata nel 1960, aprendo la strada alle altre case vinicole nate in seguito nella regione, L’etichetta fu scelta dall’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini per il pranzo al Quirinale durante la visita del presidente americano Ronald Reagan. E ancora l’Albana Gradisca, così intitolata dall’amico regista Federico Fellini in onore del celebre personaggio del film Amarcord. Infine, come non menzionare il suo strenuo impegno per salvare i vitigni Pagadebit e Cagnina dall’estinzione.
"Eravamo undici fratelli — raccontava Mario Pezzi —, alcuni allevatori di bovini, come mio padre Aurelio, figlio di Costantino; uno, Ottavio, allevatore di cavalli da trotto, altri commercianti con macellerie e negozi. Io solo avevo la passione per l’agricoltura e in particolare per la vigna. Comprai dal nonno una parte della proprietà, un podere lo ereditai da uno zio materno, della famiglia industriale degli Agostini che faceva le trebbiatrici.
Misi così insieme, all’inizio degli anni ’50, una sessantina di ettari di vigna e mi impegnai subito a cercare di produrre vino buono. Sangiovese, Trebbiano, Albana secco e dolce. Insomma, cercai subito di fare qualità, come si dice adesso. E imbottigliavo. In damigiana vendevo solo vino per le trattorie, che così lo volevano".
“Mio padre — ora
è la figlia Graziella Pezzi che parla — è considerato l’artefice
del risveglio enologico della Romagna. Nel 1955 trovò in una vigna
una pianta diversa dalle altre, assolutamente sconosciuta. Non si sa
come e quando sia arrivata dalle nostre parti. Mio padre battezzò il
vitigno Barbarossa; Federico Barbarossa svernò parecchi mesi nella
rocca di Bertinoro. Oggi con il nostro cru Barbarossa di Vigna del
Dosso, unico al mondo, produciamo 30-35 mila bottiglie del rosso
Barbarossa DOC, il nostro esclusivo fiore all’occhiello".
Nel 1960 Mario
Pezzi, poeta della vite con il fiuto di un bracco e la sensitività
di un rabdomante, ridiede nuova vita ai crus romagnoli scovando due
vitigni indigeni dei quali c’era memoria storica fra i contadini
più vecchi ma ormai nessuna traccia: il pagadebit e la cagnina. Per
suo merito, in seguito, i vini Pagadebit, bianco secco, e Cagnina,
rosso dolce, si guadagnarono la DOC.
"Per piantare i
primi due filari di pagadebit gentile e di cagnina dal peduncolo
rosso — ricordava, infatti, il commendatore Mario Pezzi — dovetti
fare grandi camminate in giro nei poderi. Si trovavano piante qua e
là, pochissime, completamente dimenticate. Insomma, a poco a poco
riuscii a salvarle dall’estinzione. Vinificai il Pagadebit in
purezza, con qualche dubbio, su consiglio del senatore repubblicano
romagnolo Aldo Spallicci, caro amico e buon conoscitore di vini e
uve. Il risultato fu ottimo: aveva ragione lui. Spallicci mi aiutò
anche a ottenere la DOC per Pagadebit e Cagnina. A berli, e a bere
Sangiovese, Barbarossa, Albana e Trebbiano, venivano qui spesso anche
Ugo La Malfa e Giovanni Spadolini, gagliardi mangiatori e bevitori,
specialmente di rosso".
Mario Pezzi - e
questo deve essere proprio ricordato - realizzò all’inizio degli
anni ’70 la prima riserva in assoluto di Sangiovese vinificato in
purezza. Prima questo grande vino, padre del Chianti, del Brunello,
del Rubesco, del Nobile di Montepulciano, era considerato un vino di
pronta beva.
Quando fu pronto il primo Sangiovese Riserva, Pezzi intanò cinquemila bottiglie nella nevaia della villa della Fattoria Paradiso e dopo sei anni le riportò alla luce: erano presenti autorità, vitivinicoltori, giornalisti, tra i quali Luigi Veronelli, riuniti in convivio. "Bevvero molte di quelle bottiglie — ricordava Pezzi — e toccarono con mano, anzi con il palato, che il Sangiovese era un gran vino da invecchiamento. Il Presidente Sandro Pertini lo volle per il pranzo con Reagan al Quirinale".
Le altre cantine della Romagna lo hanno poi seguito su questa strada.
Ora è il nipote Jacopo, che porta avanti con gande maestria l'importante tradizione del nonno Mario!
Alcune note storiche sulla Fattoria Paradiso:
1400 – Nell’antica dimora, oggi Fattoria Paradiso, nasce Marco Palmezzano discepolo del Melozzo da Forlì
1600 – I Conti Ugarte Lovatelli ne diventano i proprietari e iniziano la coltivazione della vite.
1853 – Costantino Pezzi, già inventore delle “trebbiatrici da semi minuti”, acquista la proprietà del “Castello Ugarte” e lo annette ad altre sue proprietà adiacenti.
1900 – Aurelio Pezzi, figlio di Costantino, specializza la tenuta con coltivazione della vite e dell’ulivo. Ha 12 figli, tra cui Mario, che si appassiona sempre più alla viticoltura.
1950 – Mario Pezzi eredita la tenuta dal padre e fonda assieme alla moglie, Ubalda Rina, la Fattoria Paradiso iniziando la vinificazione delle uve che coltivate.
Alla Fattoria Paradiso sono passate tante persone famose: nelle foto nella sala di degustazione e nel centro congressi si vedono gli scrittori Julien Green, francese, e Anthony Burgess, inglese, quello di Arancia Meccanica, il grande inviato del Corriere Max David, il ristoratore e industriale Giorgio Fini, Luciano Pavarotti, Riccardo Muti e i suoi Wiener, che ebbero ognuno una bottiglia di Sangiovese Riserva, lo scultore Giacomo Manzù, Oscar Luigi Scalfaro (amante del vino, chi l’avrebbe mai detto), gli attori Vittorio Gassman, Danny Kaye e Ave Ninchi, che tenne a battesimo insieme con Luigi Veronelli il piccolo Jacopo, e persino l’astronauta Valentina Tereskova.